L’AUTORE: Robert Galbraith è in realtà una donna. E che donna! E’ lo pseudonimo della scrittrice inglese J. K. Rowling. Si, proprio la golden lady della letteratura inglese, la ‘mamma’ di Harry Potter. Alla pubblicazione, il primo libro di Galbraith non è passato inosservato, è stato giudicato troppo maturo per essere stato scritto da un esordiente. L’arcano è stato svelato nel 2013 e J.K Rowling ha dichiarato che avrebbe voluto tenere il segreto ancora per un po’ in quanto considerava questa esperienza meravigliosa e “liberatoria”, senza il clamore e le pressioni dell’aspettativa che un nuovo libro col suo nome avrebbe generato (fonte wikipedia)
IL LIBRO: Un protagonista affascinante, detective privato e reduce della guerra in Afghanistan. Un inizio travolgente: una top model morta, un nuovo inizio nella vita del protagonista e una nuova segretaria che si rivela una miniera di risorse, quasi quanto una nuova Miss Moneypenny.
EXTRA: i nomi dei personaggi sono in vero stile Rowling: Coromoran Strike, Robin Ellacott, Lula Landry .. non sfigurerebbero nelle classi di Hogwarts!
LE FRASI SCELTE DAL TENERO GIACOMO:
La notizia aveva messo in secondo piano politica, guerre e disastri, e ogni versione della storia era stata ampiamente corredata dalle fotografie del viso perfetto e del corpo flessuoso e scolpito della donna morta. In poche ore, i fatti si erano diffusi come un virus tra milioni di persone: il litigio in pubblico col famoso fidanzato, il ritorno a casa da sola, qualcuno che l’aveva sentita gridare e infine la caduta fatale…
I sensi di Robin erano particolarmente ricettivi, in quella mattina incantata: il breve istante in cui lo vide, quel viso le rimase talmente impresso che, come ebbe modo di ripensare pochi istanti più tardi – dopo che erano riuscite a evitarsi per un centimetro e dopo che la donna mora l’aveva oltrepassata di corsa, aveva voltato l’angolo ed era sparita – avrebbe potuto disegnarne i tratti a memoria. Non era solo la straordinaria bellezza di quel volto che le si era impressa nella mente, ma la sua espressione: furiosa, e tuttavia stranamente euforica.
Strike aveva la fronte alta e sporgente, il naso largo e le sopracciglia folte di un giovane Beethoven che si era messo a praticare la boxe, impressione che l’occhio gonfio e quasi nero non faceva che aumentare. I capelli folti e ricci, elastici come delle molle, gli erano valsi un sacco di soprannomi quando era ragazzo, incluso ‘Testa di pube’.
Aggirando le macerie e i detriti sulla strada ai piedi del Centre Point, superò la gigantesca statua dorata di Freddie Mercury che si trovava davanti all’entrata del Dominion Theatre dall’altra parte della strada, la testa abbassata e il pugno alzato verso il cielo, come un dio pagano del caos.
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