Perchè i pesci non affoghino – Amy Tan

perchè i pesci non affoghino

L’AUTORE: Amy Tan è una scrittrice contemporanea americana di discendenza cinese.
Nei suoi libri parla molto spesso del rapporto madre figlia, delle complicazioni e delle complicità che ne derivano.
Una sua citazione è Penso che i libri siano stati la mia salvezza, mi hanno salvato dall’essere infelice. Condividiamo pienamente.

amy tanIL LIBRO: Questo libro parla di un fantasma, senza essere una storia di fantasmi.
La protagonista Bibi Chen è un’antiquaria specializzata in manufatti dell’Estremo Oriente, che muore subito all’inizio del libro. E’ il suo fantasma quindi che partecipa silenziosamente ad un viaggio tra Cina e Birmania, organizzato proprio da Bibi per un gruppo alquanto eterogeneo di 12 suoi amici. Il gruppo, orfano della sua leader, incappa in avventure tragicomiche tra zanzare, violazione di luoghi sacri e cibi avariati, fino a quando i turisti spariscono nel nulla la mattina di Natale.
E’ un libro strano e profondo, che sa unire momenti di intensa comicità, con riflessioni profonde sulla vita e sulla famiglia. E’ anche un resoconto crudo della situazione della Birmania, governata da un regime militare, con sullo sfondo la figura simbolo, ‘la Signora’, Aung San Suu Kyi, che al tempo dell’ambientazione del libro, era ancora agli arresti domiciliari.

EXTRA: La scrittrice è membro della Rock Bottom Remainders, un gruppo rock composto di famosi scrittori, tra i quali Barbara Kingsolver, Matt Groening, Dave Barry e Stephen King 🙂

LE FRASI SCELTE DAL TENERO GIACOMO: Oh era un regalo! Lei annuì vigorosamente. Lui aveva dato un regalo a lei, e lei ora dava un regalo a lui. Capperi! Si sentì sopraffare dall’emozione. Era un vero esempio di gentilezza fra estranei. Un’esperienza molto ‘National Geographic’: due persone, diversissime fra loro, separate dalla lingua, dalla cultura e da un mucchio di altre cose, si scambiavano il meglio che avevano da offrire, la loro umanità, i loro disegni, i loro sottaceti.

Era l’eredità della parte materna della mia famiglia: eccessi sempre insufficienti, un troppo che non era mai abbastanza. Eppure non ero insoddisfatta del mio aspetto; be’, da ragazza, si, me ne dolevo. Ma quando diventai donna, compresi che era meglio essere indimenticabili che scipite. Imparai a trasformare i miei difetti accentuandone l’effetto.

Questa gente, ora così bisognosa di una qualche forma di speranza, vide ciò che voleva vedere, i segni, la promessa. Non facciamo forse tutti così? Non cerchiamo i segni dai quali capire se siamo salvi, o al riparo da un male venturo, o beneficiari di un’insolita fortuna? E spesso li vediamo.

Vera per me era la dimostrazione vivente che persino le donne intelligenti possono incorrere in errori stupidi quando scelgono un uomo. Quando mi avvicinai alla quarantina, quasi mi convinsi che dovevo sposarmi e avere un figlio. L’uomo che avevo allora mi amava profondamente e parlava con accenti romantici del destino che ci legava, rivolgendosi a me con soprannomi e diminutivi troppo imbarazzanti perchè io li ripeta. Naturalmente ero lusingata e anche commossa. Lui non era bello in un senso convenzionale, ma lo trovavo geniale e questo funzionava da afrodisiaco. Socialmente era un disastro e aveva un sacco di abitudini strambe, ma dal punto di vista del patrimonio genetico, era il partner ideale per la procreazione.

‘Che senso ha non fare qualcosa?’ continuò Dwight, bellicoso. ‘Non mangi la carne, e ti senti con la coscienza a posto perché i bovini sono salvi. Boicotti la Birmania, e ti senti con la coscienza a posto perché non ci vai. Ma cosa hai fatto di buono in realtà? Chi hai salvato? Cazzo, hai solo scelto di andare in vacanza a Bali…’

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